Un autista indiano che lavora per Uber, la multinazionale Usa concorrente dei taxi fonte di violente polemiche in diversi paesi tra cui l'Italia, è stato arrestato con l'accusa di aver stuprato una sua giovane cliente di 27 anni. E poche ore dopo le autorità di New Delhi hanno messo al bando nella capitale il servizio di prenotazione taxi Uber. Come riporta la BBC, un funzionario del ministero dei Trasporti ha annunciato che il servizio, noto in tutto il mondo, è stato inserito nella «lista nera» per avere «fuorviato i clienti».
La polizia, che non aveva risparmiato frecciate a Uber, molto popolare in India ma decisamente osteggiato dai tassisti, ha annunciato di aver arrestato a Mathura, 160 chilometri da New Delhi, l'autista Shiv Kumar Yadav, 32 anni, presunto autore dello stupro selvaggio verificatosi nella notte tra venerdì e sabato, di una giovane indiana che tornava a casa dopo aver passato la serata in un pub con gli amici.
L'uomo ha minacciato la giovane dipendente di una compagnia finanziaria di gravi violenze fisiche se avesse opposto resistenza o denunciato l'accaduto, e si è rifugiato in una casa per sfuggire alla cattura dopo che è stata lanciata una vera e propria caccia all'uomo. Secondo un'emittente locale, gli agenti hanno dovuto abbattere una porta per riuscire ad arrestarlo.
Yadav è stato portato a New Delhi nella notte. All'ingresso nel commissariato è stato mostrato ai giornalisti fra due agenti di polizia con la testa coperta da una sorta di cappuccio nero con due buchi per gli occhi. Domani comparirà in tribunale. Fonti della polizia hanno assicurato che Yadav non possedeva la licenza comunale prevista per gli autisti di servizi rivolti al pubblico, e neppure un Gps, strumento obbligatorio sui radio-taxi.
La stampa indiana insiste in particolare sulla mancanza di misure di sicurezza nelle auto Uber, per cui l'India rappresenta attualmente il secondo mercato dopo gli Stati Uniti. Gli autisti, contattati dai clienti tramite un'app per smartphone, non sono in relazione diretta con nessuna autorità di controllo e sono rintracciabili unicamente attraverso il telefono cellulare. La polizia ha chiesto ad Uber di partecipare all'inchiesta, e la multinazionale si è detta pronta a collaborare appieno con le forze dell'ordine.
Un vice commissario di polizia, citato da The Times of India, ha ricordato che «ci sono norme ben precise per servizi taxi di questo tipo, stilate dal Dipartimento dei Trasposti. Verificheremo se sono state rispettate». «La sicurezza è la prima delle nostre priorità in India - ha ribattuto Evelyn Tay, una portavoce di Uber - lavoriamo con autisti-partner muniti di licenza per offrire un'alternativa sicura di trasporto. I livelli di protezione vanno dalla scelta dell'autista alle informazioni sulle auto, oltre alla condivisione delle informazioni con le autorità per garantire la responsabilità e la tracciabilità di tutti i viaggi nella piattaforma Uber».