ROMA - «
Squadristi»: così
Veltroni, il sindaco-presidente, ha bollato i taxisti in
sciopero.
E tutti i giornali a dare addosso ai taxisti, tutte le radio
servili (RAI 1, Radio 24, fate voi) ad organizzare dibattiti
allarmistici su quella cosca, quella casta, quegli squadristi
evasori che fanno sciopero, anzi «serrata», perché si sa, sono
piccoli proprietari.
Squadristi, affamatori del popolo.
Il giorno dopo, il popolo è bloccato da una sciopero totale dei
trasporti che il popolo usa: treni, traghetti, Alitalia.
Uno sciopero evidentemente concertato fra le tre armate di
terra, del mare e dell’aria di dipendenti strapagati, pubblici,
semi-pubblici o pseudo-privatizzati.
Una guerra, spezzeremo le reni al contribuente.
Ebbene, per questo attacco criminale, associazione a
delinquere a scopo di ricatto, i giornali non si allarmano.
Le radio-serve non organizzano dibattiti.
Si odono giustificazioni sommesse: poveretti, hanno i contratti
scaduti…
Un ingenuo si domanda: perché i taxisti sono «squadristi», e i
piloti Alitalia coi turni di riposo più sibaritici del mondo,
con le loro spocchiose hostess a 8 mila euro, coperte d’oro come
Madonne di Pompei, non lo sono?
Perché sono «lavoratori in agitazione» i pagatissimi marittimi
dei traghetti di Stato, parastato e convenzionati, che fanno
mancare un servizio essenziale alle isole?
Sulle Ferrovie il discorso è diverso ma non tanto.
I ferrovieri, pagatissimi non sono i nuovi assunti, che hanno
contratti precari, perché Trenitalia è «privatizzata».
Ma la privatizzazione è servita soprattutto a questo: che il
capo delle Ferrovie, oggi amministratore delegato, ha uno
stipendio pari ai manager americani.
Un milione e 100 mila euro.
Di cui 150 mila come «premio per il raggiungimento degli
obbiettivi».
Un ingenuo si domanda: ma quali mai obbiettivi ha raggiunto
Moretti, l’AD di Trenitalia?
Li ha cannati tutti.
Come dice Di Pietro, Trenitalia succhia soldi pubblici che non
si sa dove finiscano, ha fatto debiti enormi per cui ha
impegnato (eh sì) persino i vagoni e i convogli (proprietà del
popolo italiano, mille volte pagati dai contribuenti).
Un ingenuo, si dice: quest’anno, a Moretti, il premio da 150
mila euro da aggiungere al milione di euro non glielo daranno.
Invece glielo danno.
Perché è «privato» in quanto manager a giudicare dallo
stipendio, ma è statale, statalissimo, nel prendere tutto
automaticamente, che faccia bene o faccia male.
Queste sono le privatizzazioni, in Italia.
Ma torniamo alla domanda ingenua iniziale: perché i taxisti
di Roma, circa settemila, fanno più scandalo dei centomila
scioperanti che si sono criminosamente accordati per bloccare
tutti i trasporti italiani in uno stesso giorno?
Dopotutto, la massima parte degli italiani usa il
taxi
solo in caso estremi, se deve portare la mamma all’ospedale, se
arriva a Roma in treno ed ha la nota-spese pagata dalla ditta.
Per gli italiani tra i 900 e i 2.500 euro mensili (paga di un
ingegnere con dieci anni di esperienza), il
taxi
costa troppo.
La mobilità generale non si basa sui
taxi.
E allora perché questo enorme allarme?
La risposta, forse ingenua, è anzitutto psicologica: perché
lo sciopero dei taxisti, a Roma, disturba la Casta.
La Casta che a Roma spadroneggia, che si muove di qua e di là
fra il partito e il palazzo.
Non che la Casta prenda il
taxi:
gira con l’autoblù e l’autista; ma il rallentamento del traffico
provocato dai taxisti la fa impazzire, quelli restano bloccati
sulle loro Mercedes pagate da noi, s’affannano coi tre
telefonini (da noi pagati), sono in ritardo per la riunione del
PD, s’incazzano.
Urlano: «Squadristi! Evasori!».
Bersani ha ritenuto urgente la liberalizzazione dei
taxi,
non - poniamo - delle COOP, quelle mega-imprese conglomerate che
fingono di essere cooperative per eludere il fisco: una così
potente elusione che tassare le COOP come imprese,
probabilmente, coprirebbe il deficit castale, pardon statale.
No, i taxisti per primi.
Privatizzare i privati, ecco la soluzione.
Un economista di nome Marcello Basili, su La Voce Info,
spiega come mai la liberalizzazione taxistica di Bersani è
fallita: invece di lasciar fare al mercato, il potere pubblico
ha voluto controllare entrambi i «vincoli» del mestiere, il
numero delle licenze e le tariffe.
Perché?, si domanda l’ingenuo, e si risponde: perché la
burocrazia teme di mostrare la sua inutilità, se non s’intrufola
a controllare tutta la nostra vita, siamo taxisti o no.
Senonchè, dice Basili, il problema di controllare insieme
tariffe e numero di licenze «è teoricamente possibile attraverso
sistemi di equazioni non lineari simultanee».
L’ingenuo si chiede se Basili stia scherzando, e teme di no.
Ve li vedete gli uffici ATAC (che pare abbiano il diritto di
controllare i
taxi)
operare equazioni non lineari simultanee?
O Veltroni?
O il capo dei vigili con il falso cartellino da invalido?
O Di Pietro, con le equazioni?
Insomma la soluzione del problema-taxisti è impossibile,
semplicemente.
Ci saranno aumenti di tariffe (più 25 %, già si dice), le solite
file d’attesa a Termini, e nuovi scioperi.
Squadristi!
Hanno rovinato l’immagine paterna di Veltroni, il sindaco a
tempo perso e «Fondatore democratico» a tempo pieno, hanno fatto
vedere che non sa amministrare nulla.
Ma anche Prodi, via, non amministra nulla.
Uno sciopero congiunto e simultaneo delle armate di terra, mare
ed aria strapagate e inadempienti, in un Paese serio sarebbe
trattato come un colpo di Stato.
Da noi no.
Prendetevela coi taxisti, voi pendolari, voi con la moglie in
Sardegna da raggiungere, voi che avete un appuntamento
all’estero e avete commesso l’errore di scegliere Alitalia… i
piloti più pagati del mondo percorrono la pista a 2 km orari,
secondo regolamento (la burocrazia serve a qualcosa), e portano
il loro contributo al buco nero delle perdite Alitalia.
Prodi continua a far finta di venderla, Alitalia, con tutti i
trucchi che sa inventare (e ne sa inventare), perché alla fine
la darà a De Benedetti, il suo compare dei grandi affari
pubblico-privati.
E intanto lascia marcire l’orribile compagnia, e il buco nero
s’allarga.
Mica paga lui.
Paghiamo noi, che il
taxi
non possiamo permettercelo.
Il bello è che queste aziende mostruosamente inadempienti e in
perdita cronica sono «private» adesso: hanno un consiglio
d’amministrazione, un amministratore delegato, mica sono più
guidate da un grand commis.
Sono private.
Però non falliscono.
Se fossero private, sarebbero vendute come ferrivecchi sul
mercato mondiale, le comprerebbero i cinesi coi fondi sovrani, e
avremmo piloti cinesi a 200 euro mensili, ferrovieri a 90,
marinai cinesi a 50…
Non è che il duro mestiere di marinaio sia molto valutato, nel
mondo.
Invece ci tocca mantenere le hostess coperte d’oro e i piloti
che, quando si degnano di alzarsi in volo, poi devono passare
tre giorni in alberghi a cinque stelle, ai bordi della piscina,
e i marinai che la sera dormono a casa, perché la loro marineria
è di giornata, ma sono pagati come ammiragli, perché sono
monopolisti.
E non sono squadristi, loro.
I soldi non bastano mai per pagare le Caste della Casta, è
ovvio.
Così tra poche ore Tommaso Padoa Schioppa attuerà l’altro
grande furto architettato, oltre a quelli di Visco: risucchiare
i «conti dormienti» nelle banche, di gente che non li movimenta
da tempo.
Lo si è saputo per una protesta delle banche: Padoa Schioppa
vuole prendersi anche «le quote dei fondi comuni abbandonate» e
«i titoli di Stato e le obbligazioni» non reclamate.
Eh no, quella è roba nostra, dicono le banche.
I ladri si litigano il bottino.
Su Padoa Schioppa un lettore ci passa un'informazione.
Quanto prende questo capacissimo governante?
Come ministro, 10.170,46 euro al mese, pari a 122.045 euro
l’anno.
Una miseria, non si sa come potrebbe arrivare a fine mesata, se
il TPS (in sigla, come AIDS e HIV ed altri virus) non ricevesse
anche, come ex vicedirettore di Bankitalia e membro del Comitato
esecutivo della Banca Centrale Europea (BCE, come gli altri
virus infetti) una pensione di 26.060 euro mensili, pari a
312.728 l’anno.
Insomma, il virus TPS prende ogni mese 36.200 euro netti.
Ogni mese, una trentina di volte la paga media italiota.
Ci pagherà le tasse, pensa l’ingenuo: il 43% di aliquota, il
massimo che tutti noi sopra i 70 mila euro lordi paghiamo.
Invece no.
Sull’emolumento di ministro, il nostro virus paga il 9,75%.
Anche noi ingenui saremmo contenti di pagare il 9,75%.
Ma noi non siamo la Casta.
La Casta si è assegnata l’aliquota che ritiene opportuna per le
sue inadempienze, i suoi debiti, le sue rapine ai contribuenti:
9,75%, non il 43%.
E pensare che TPS è quello che esalta la «bellezza di pagare le
tasse», sospira il lettore, e dice: cominci lui.
Lettore ingenuo.
Maurizio Blondet
http://www.effedieffe.com/rx.php?id=2454%20&chiave=taxi