Fa specie che chi è stato per
un trentennio tra i principali dirigenti del Partito
Comunista, il quale si è fatto storicamente portatore delle
rivendicazioni dei lavoratori, definisca oggi “capo
rivoltosi” il principale leader sindacale della categoria
dei lavoratori su taxi.
Perché sia ben chiaro se è vero
che sono lavoratori anche gli imprenditori, è sicuramente
vero che è un lavoratore chi passa anche 80 ore settimanali
in mezzo al traffico per espletare un pubblico servizio.
Ma atteggiamenti di questo tipo
nei confronti del mondo del lavoro sono il risultato della
corruzione a cui certi mestieranti della politica hanno
dovuto piegarsi per poter restare sul cavallo della
politica.
Dopo avere sostenuto per
decenni ricette sbagliate per i lavoratori, ed averne
conseguentemente perso il consenso, oggi si fanno portatori
delle istanze dei grandi centri finanziari che hanno di mira
anche il settore taxi, un settore che muove almeno 3
miliardi di euro.
Questa metamorfosi – fra
l’altro in continuo divenire, tanta è la confusione che
regna nel sistema di pensiero di questi signori – ha trovato
uno dei suoi perni intorno alla figura demagogica del
cittadino-consumatore, peraltro già quasi completamente
ricacciata nella tana degli sproloqui.
Questa figura del
cittadino-consumatore, su cui tanto hanno ricamato dirigenti
anziani come Veltroni, Bersani, Rutelli, Casini, Tabacci, è
un vero e proprio bluff.
Oggi, in piena crisi
finanziaria internazionale, cade la maschera.
Se infatti è vero che un
cittadino-lavoratore come definito dall’art. 36 della
Costituzione, sarà per forza di cose anche consumatore, non
è però vero che il cittadino-consumatore sia per forza un
lavoratore ex art. 36 Cost. (si pensi a quei cittadini che
decenni di politiche filo-speculative hanno ridotto alla
mobilità o alla cassa integrazione permanente, oppure a quei
lavoratori il cui stipendio è così basso da consentirgli di
essere consumatori solo per pochi giorni al mese).
Questi signori tra
iperburocratizzazione del mercato e dittatura del mercato,
non colgono mai la giusta equazione, quella dell’economia di
mercato regolamentata in modo tale che lavoratori e qualità
del servizio, trovino la giusta armonia.
Questo è il vero modo per
tutelare l’utenza.
Roma è diventata la prova
vivente di come le “terapie shock acchiappa voti”, tutte
demagogia e niente buon senso, abbiano creato un ammasso di
tassisti costantemente in fila ai posteggi o in mezzo al
traffico, oggi anche loro con il problema della quarta
settimana.
Tutto questo è utile a creare
nuova carne da macello per quegli speculatori che hanno
interesse ad impossessarsi di un settore che fino ad oggi
consentiva vite dignitose, e che invece grazie ad una
campagna mediatica e politica ad arte orchestrata, sta
creando i presupposti – proprio come fatto con la svendita
dell’industria italiana negli anni ’90 – perché i tassisti
regalino le loro licenze a chi ha finanziato la campagna
elettorale di chi attacca Bittarelli.
A breve sarà presentata della
documentazione scientifica che dimostra come lo schema delle
liberalizzazioni sia il più efficace strumento per
trasferire ciò che è in mano pubblica o diffuso tra tanti
piccoli lavoratori, in poche ricchissime mani, aumentando i
prezzi al consumo, abbassando la qualità del servizio, gli
stipendi dei lavoratori e tagliando posti di lavoro, il
tutto in un’ottica speculativa di iperprofitto.
Volenti o nolenti, Bittarelli
rappresenta il mondo del lavoro; chi lo attacca rappresenta
invece la speculazione.
Ecco perché viene attaccato da certa gente. Claudio
Giudici |