Tir e
taxi: dalla teoria alla realtà della lotta di classe
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di Luigi De Marchi
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domenica 16
dicembre 2007 |
Mai come in queste settimane, che hanno visto la rivolta dei
tassisti e dei camionisti, la mia Teoria liberale delle
lotta di classe aveva trovato, a mio parere, conferma più
evidente ma anche più drammatica. La protesta dei tassisti
ha portato alla paralisi delle grandi città, quella dei
camionisti ha paralizzato l’Italia intera. Ma non sono
state rivolte inevitabili: sono state rivolte scatenate
dalla politica discriminatoria che da sempre caratterizza
una certa classe politica statalista e che ha prodotto anno
dopo anno un sistematico favoreggiamento della casta
burocratica parassitaria e sfruttatrice e un’altrettanto
sistematica persecuzione e criminalizzazione dei lavoratori
autonomi.
E’ la classe politica che anche nel recente rinnovo
contrattuale, come in passato, ha assicurato alla burocrazia
aumenti salariali nettamente superiori sia al tasso
d’inflazione che agli aumenti accordati ai lavoratori del
settore privato. E’ la classe politica che, come confessò
Lamberto Dini quand’era primo ministro, dissipa i tre quarti
del gettito fiscale prelevato dalle tasche dei lavoratori
dipendenti e indipendenti del privato per foraggiare le sue
sterminate e inutili burocrazie, lasciando solo le briciole
per gl’investimenti propulsivi. E’ la classe politica che ,
ogni anno, trova normalissimo il licenziamento o il
fallimento di centinaia di migliaia di lavoratori del
settore privato ma considera disumano e assurdo licenziare
anche un solo burocrate o accettare il fallimento d’un
qualsiasi carrozzone deficitario e parassitario dello Stato
o del parastato. E’ la classe politica che addita al
pubblico obbrobrio i lavoratori autonomi come responsabili,
in quanto evasori di questa o quella imposta, del dissesto
delle nostre finanze pubbliche e non ha mai detto una sola
parola contro una casta burocratica che di quel dissesto, e
del relativo mostruoso debito pubblico, è la principale
responsabile dato che rende la nostra spesa pubblica enorme
e incomprimibile e sequestra la maggior parte delle nostre
risorse finanziarie, impedendo un serio ridimensionamento
del debito pubblico e sputtanandoci anche a livello
internazionale, per pagare stipendi inutili a passacarte
inutili. Al contrario, per bocca del Ministro Padoa Schioppa,
questa classe ha recentemente negato che vi siano molti
fannulloni tra i nostri burocrati, chiudendo perentoriamente
la scomoda discussione con le parole: “Dei fannulloni, si è
parlato fin troppo”. Infine, è la classe politica che,
mentre trova normalissimo che una turba di cosiddette
guardie forestali calabre (in realtà non di rado complici
dei piromani) blocchino per giorni i collegamenti ferroviari
col Mezzogiorno o che il personale sindacalizzato degli
aeroporti lasci i passeggeri a bivaccare giornate e nottate
intere aggrappati ai loro bagagli, improvvisamente trova
“intgollerabili” le proteste dei tassisti o dei camionisti
da essa stessa provocate e non esita a minacciare e ad
arrestare gli scioperanti, mentre i suoi strapagati e stragarantiti pennivendoli dei giornali e delle TV di regime
chiamano sprezzantemente “padroncini” i camionisti (che
stanno al volante dei Tir anche 12 ore al giorno per quattro
soldi e passano 4 notti nel gelo per farsi sentire) e gli
altri lavoratori autonomi più bistrattati.
Già, perché mentre prodigava le sue energie per difendere la
burocrazia e i suoi privilegi, questa classe politica
statalista, che ha proprio nel Ministro dei Trasporti
Alessandro Bianchi (sviscerato ammiratore di Fidel Castro)
un esponente emblematico, lasciava marcire per anni le
richieste dei tassisti e dei camionisti, portandoli a
concludere che solo la protesta selvaggia poteva costringere
i politici statalisti locali e centrali ad ascoltarli.
E, difatti, così è stato per i tassisti e così è stato per i
camionisti, dato che la classe politica statalista,
abituata da sempre a vivere col culo in caldo, non ha la
minima idea della tremenda capacità di lotta e sacrificio
che può esplodere in un gruppo di lavoratori indipendenti
umiliati nei loro elementari diritti.
Ma questa vicenda dei camionisti, se da un lato conferma la
validità sempre più inconfutabile della Teoria liberale
della lotta di classe, dall’altra ci dimostra anche che la
scarsa coscienza di classe dei lavoratori autonomi,
ostacolando lo sviluppo di una loro volontà unitaria di
lotta e di un’organizzazione capace di gestire le tensioni e
le trattative prima che giungano alla fase esplosiva,
approda spesso all’isolamento della categoria sfruttata
all’interno stesso dei Popolo dei Produttori del privato.
Così in questi giorni si è vista la protesta dei camionisti
suscitare comprensibilmente l’esasperazione degli altri
lavoratori dipendenti e indipendenti del settore privato e
l’invocazione di provvedimenti repressivi. Insomma, come i
polli di Renzo, i lavoratori del privato rischiano di
litigare e beccarsi tra loro mentre la razza padrona (cioè
gli alti burocrati e i politici statalisti) li tiene, appesi
a testa in giù, tutti bloccati nella morsa delle sue mani
rapaci.
Da:http://www.luigidemarchi.it/
http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=20118 |