A volte si ha l'impressione che a complicare la vita dell'automobilista non sia
solo la burocrazia. Prendete per esempio la congerie di sigle stampigliate sulle
lattine dei lubrificanti. Oggi l'olio è in bella vista sugli scaffali del
supermercati o nelle vetrine delle stazioni di servizio. La nostra prova a
cofano sigillato della «ZX» dimostra che gli oli moderni compiono miracoli e non
danno preoccupazioni, ma come si fa a scegliere?
Alcuni si limitano a preferire una marca, altri invece vorrebbero
conoscere notizie ulteriori sulla qualità, sul significato delle sigle,
sul modo di correlare le sigle con la bontà del prodotto. È una
richiesta da consumatore moderno, avveduto. e non possiamo che
condividerla.
Per questo, con l'aiuto di alcuni ingegneri della IP, abbiamo compilato
la tabella della pagina seguente. Essa permette di confrontare la
qualità dei lubrificanti in base alle sigle riportate sulla lattina. Le
sigle presenti sono sempre più d'una, e ciascuna corrisponde a una serie
di prove motoristiche o di laboratorio, effettuate per accertare la
rispondenza del lubrificante a funzionare in determinati motori e per
lunghe percorrenze (sempre superiori all'intervallo di cambio suggerito
dalla Casa).
Una caratteristica delle sigle è che sono progressive: l'ultima
comprende le precedenti, per esempio un olio API «SG» è in grado dl
superare tutte le prove degli oli «SE» ed «SF».
Nella scelta di un olio, oltre alla qualità è importante verificare la
viscosità. Oggi quasi tuffi i lubrificanti in vendita sono multigradi,
ovvero abbracciano un campo di viscosità piuttosto elevato, tale da
consentire loro di essere sufficientemente fluidi all'avviamento e di
conservare una certa viscosità anche quando la temperatura supera i 120
°C. Per le condizioni climatiche italiane vanno bene gli oli con
viscosità 10W-40 SAE, 15W-40 SAE. Nel caso dl oli sintetici o con basi
idrogenate, particolarmente fluidi a basse temperature, che hanno anche
la caratteristica di facilitare l'avviamento e di ridurre gli attriti
interni del motore, vanno bene anche le gradazioni 5W-30 SAE e 5W-40
SAE.
Torniamo ora alla tabella, La riga nera centrale corrisponde alla minor
qualità, o meglio alla qualità iniziale che avevano gli oli oltre
vent'anni fa, quando l'American Petroleum Institute, cioè l'API, decise
di stabilire una classifica di tipo aperto, ovvero migliorabile
continuamente (in precedenza i lubrificanti erano divisi secondo tre
impieghi «fissi»: Light = leggero, Medium = medio, Heavy = severo).
Nel 1972 gli oli in commercio avevano qualità «SA» per i motori a
benzina (S sta per «spark», candela), mentre quelli per i diesel avevano
qualità «CA» (C sta per «compression» motori ad accensione spontanea).
Oggi gli oli sono migliorati moltissimo e si è giunti alla sigla "SG
(per i benzina) e a quella «CF-4» per i diesel. Tuttavia, sono avvenute
altre due importanti trasformazioni. La prima consiste nel fatto che
numerosi altri enti hanno sentito la necessità di certificare gli oli o
emanare proprie norme In proposito. La seconda nella «invenzione» di
lubrificanti capaci di funzionare sia nei diesel sia nei benzina. Anzi
quest'ultimo aspetto rappresenta la vera rivoluzione moderna. Il
primo a muovere le acque in questo senso è stato l'Esercito americano.
Infatti, l'esigenza di un unico lubrificante, adatto sia ai motori delle
Jeep (a benzina) sia dei cingolati (diesel), ha fatto emanare la norma
MIL-L-2104B che per quel tempo (siamo negli anni '70) costituiva la
somma delle esigenze motoristiche, qualunque fosse il combustibile
impiegato. Con gli anni la banda si è continuamente allargata.
In contrapposizione a questa tendenza, le case automobilistiche (e per
ragioni soprattutto commerciali, anche le aziende petrolifere) hanno
invece emanato norme specifiche per oli adatti a un solo tipo di motore,
quello da loro costruito. Anche il CCMC, il comitato costruttori della
CEE (oggi diventato ACEA), ha seguito questa strada mantenendo una
differenziazione fra gli oli in base all'impiego (fa eccezione la
vecchia sigla PD2, adatta a distinguere un discreto olio sia per i
diesel sia per i benzina).
La realtà è che la differenziazione tra i vari oli viene ottenuta sia
con la base sia col pacchetto degli additivi. Per base si intende l'olio
minerale o sintetico usato come materia prima. Il pacchetto degli
additivi serve a conferire quelle qualità che la base non possiede.
Tuttavia, questo pacchetto a delle controindicazioni, per esempio è
formato da sostanze che provocano depositi duri o ceneri. Non solo, ma
quando un olio deve soddisfare numerose esigenze, cioè essere a «larga
banda», il pacchetto degli additivi diventa pesante e costoso. È ovvio
che, producendo oli specifici, il pacchetto può essere più economico.
Però è vero anche un altro aspetto della faccenda: partendo da basi di
elevata qualità si ottengono lubrificanti già naturalmente adatti sia ai
diesel sia ai benzina, al quali non è necessario aggiungere tanti
additivi. E qui arriviamo ai nostri giorni, col diffondersi degli oli
sintetici e delle basi minerali idrogenate. La qualità iniziale di
questi lubrificanti consente di estendere il range, e anche la durata
dell'impiego, fino a renderli adatti contemporaneamente ai turbodiesel e
ai turbo a benzina.
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